Ne «Le tentazioni di Sant’Antonio» sono rappresentati due demoni e due tentatrici nell’intento di togliere l’abito a Sant’Antonio e un angelo che vola nel cielo (praticamente si sta già librando sulla testa del santo), e tende al martire la mano salvifica. Il soggetto induce alla possibilità di rappresentare il santo che vince la propria carnalità da una parte, e una chiara e narcisistica sessualità, dall’altra. Ma le piccole tentatrici di Tintoretto sono talmente eleganti ed affascinanti e a differenza dei demoni tirano così dolcemente a sè il bordo della sua veste che si potrebbe inopportunamente pensare ad una loro diretta e animalesca tenerezza per l’uomo. Non si tratta per niente di un lavoro analogo a quello del contemporaneo e rivale di Tintoretto Paolo Veronese, la cui “Tentazione di Sant’Antonio” ricorda più una scena di violenza carnale nei confronti di un vecchio malavventurato da parte di una donna dall’incarnato bianco con l’aiuto di un rozzo macho. In Tintoretto la sessualità è veramente femminile e seducente. E se la tentatrice di destra stuzzica Sant’Antonio con il suo petto nudo, quella di sinistra ha il seno coperto, mentre il ginocchio è scoperto. Per via del disegno e del gioco della luce questo ginocchio è unico per la sua bellezza e sensualità e la sua dolce femminilità probabilmente non ha eguali nella pittura del Rinascimento.
Anche se Sant’Antonio viene rappresentato, come previsto (dall’iconografia corrente)*, non come un giovane uomo, tuttavia il suo corpo non è per nulla decrepito, ma forte e virile. Lo si potrebbe proprio immaginare accanto alle piccole affascinanti tentatrici, poichè egli si lacera per il fatto che, ed è comprensibile, la responsabilità della seduzione non sia dei demoni, e che sia suo e proprio suo il pesante compito di svincolarsi dalla prigionia di una sessualità indomita. Ma con questo la sessualtà non è negata nella bellezza, nel fascino, nella festosità. Il pittore non ci offre una soluzione pronta, ci lascia non solo con un’aspirazione spirituale, ma anche con una celebrazione corporale della vita. Ed anche l’anima stessa non trionfa sul corpo, non annulla la corporeità, ma si materializza come impeto spirtituale di questo stesso corpo, del tutto reale (sembra che poi emani persino un odore).
La seconda particolarità è la sorprendente plasticità e dinamicità delle figure rappresentate. Vi è già sufficiente movimento in ciò che avviene in basso, ma l’angelo e Sant’Antonio sono talmente protesi l’uno verso l’altro, che chi sta osservando risulta assorbito dallo spazio dell’azione. Il movimento cattura e allo spettatore risulta difficile estraniarsi, allontanare da sè quel che sta accadendo. Se Leonardo ammaliava lo spettatore con lo sguardo del personaggio, le figure di Tintoretto nelle sue migliori opere sono talmente dinamiche che lo spettatore viene a trovarsi direttamente davanti alla scena. E’ qui, percepisce con il corpo l’avvicinarsi fisico dell’angelo. Non di un angioletto, ma di un angelo con l’aspetto di un uomo adulto.
E la terza particolarità è il tema della luce. Per qualsiasi pittore è importante definire la sorgente luminosa e dipingere l’illuminazione di tutte le figure in stretta relazione con la loro disposizione rispetto alla sorgente luminosa. La semplice ed impressionante soluzione di Tintoretto consiste nel fatto che la sorgente luminosa è Dio. Quindi, se nel quadro è rappresentato un angelo, la luce proviene proprio da lui. Tecnicamente, dalla testa dell’angelo partono i raggi che illuminano tutto ciò che accade. Questi raggi non ci vengono dati come illuminazione, ma come movimento della luce e questo movimento, questa luce riempie lo spettatore non soltanto di complicità, ma anche di gioia. Certo, se ci si ferma un attimo, se ci si allontana dall’affaccendarsi quotidiano e ci si concede di essere riempiti da questa luce.
Ora, andiamo nella Scuola di San Rocco dove dall’ingresso subito a sinistra troviamo l’«Annunciazione». Certo, non sarebbe male averne davanti gli occhi una buona copia, e ancor meglio essere lì, ma…….. proviamo così.
Innanzi tutto la Madonna. Non è per niente trascendente, non è “elevata” nel senso superficiale della parola. La Vergine Maria qui è del tutto terrena, palesemente corporea. Anche se la sua corporeità non è eccitante, è la naturale corporeità di una semplice donna. Ha le mani di una persona che conosce un pesante lavoro. Queste mani non sono raffinate, sono persino un po’ sporche, è stata colta mentre lavorava. E allo stesso tempo con quanta dolcezza è stato dipinto il suo collo, quanta struggente ed indifesa bellezza vi è in lei!